“Molly e le campane di San Nicolò” di Alessio Castiglione

I colori grigi di macchine e tram imbrattano i muri della città. Quale luce riesce a rischiarare la storia dei palazzi di periferia costruiti con sabbia e cenere? Brancaccio è più vuota che mai. In mezzo a questi fumi di forni e fabbriche sempre accese abitano ancora i peccati degli spacciatori dai racconti bugiardi. Mostri a due zampe agli angoli di Piazza Torrelunga.

Molly, lontano da loro, rimase fermo per tre giorni a sentire le campane delle chiese del quartiere: Immacolatella, San Sergio I Papa, San Salvatore. Ad ogni ora del giorno i campanili scontrano i loro metalli per fare sentire ai cittadini il tempo che passa. All’ennesimo e assordante rintocco per delle orecchie di un cane, Molly si alza sui suoi passi alla ricerca del suo primo e ultimo padrone.

«FERMATA BIONE, TRAM IN PARTENZA.»

Un cane entra nella linea 1 come si entra in una macelleria. Tutti gli umani hanno le teste chine sui loro aggeggi rettangolari, come a caderci dentro. “Chissà che padrone cercano loro”, pensa un cane con il muso alto e la lingua senza fame e senza sete. Nessuno lo nota e lui, per non disturbare, non abbaia né scondinzola. Si mette all’angolo di un posto bianco ad aspettare che il grigiore quasi nero si faccia Stazione Centrale.

Scende dal tram dopo tutti i digitambuli. Non segue altra folla, ma altre campane. Conosce tutta la città. L’odore di Gabriele è rimasto sul marciapiede, sulle sedie del McDonald’s, in via Roma, in via Vittorio Emanuele, a Ballarò. Molly, appena posate le zampe sull’asfalto, va veloce come il tempo che non passa. Si desta ad ogni suo simile trapassandolo con rispetto. Non fa pipì da nessuna parte. Continua a marciare con la guida del suo fiuto intriso di memorie olfattive.

È un cacciatore di ricordi che diventano per un cane posti in cui tornare. “Ah… Se solo casolari e portici fossero persone… Si potrebbe tornare sempre da loro…”Perché la città non scompare d’improvviso come è successo a Gabriele, quella notte che legò il suo cane perché non lo seguisse più in altri posti brutti e pericolosi. Molly era buono, piccolo e basso, con un collare rosso e due denti caduti. Non particolarmente bello né migliore di nessun altro. Per questo era stato scelto da Gabriele quel giorno in cui decise di non voler essere più solo. Da quel momento furono due, insieme, sopra i bassifondi e le vette del loro mondo.

“Molly, stai sempre a terra. Ti porto a vedere il cielo.”

Il nuovo padrone prese il suo fedele amico in braccio e lo portò in alto. La prima volta andarono lì dove tutti non potevano stare: tra le nuvole. Rimasero il tempo di un tramonto che si fece vita. Tutto incredibilmente ebbe senso e significato: essere un cane, vedere il cielo, avere Gabriele come padrone. Molly oggi è tornato qui, in mezzo a queste quattro mura che si affacciano sulla città di Gabriele.

Suonano le campane quando finalmente raggiunge Gabriele, e nessun visitatore si accorse o seppe mai perché un Parson Russell Terrier arrivò da solo in cima alla Torre di San Nicolò.

L’illustrazione in copertina è di Jessica Adamo 

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