MARIANNA BRUNO: TRA PENNELLI E MONTAGNE

Oggi vi presentiamo Marianna Bruno, l’artista dietro “Recherche”.

A che età è nata la tua passione per la scrittura? Come ti sei avvicinata al mondo degli albi illustrati?

La scrittura mi accompagna da sempre, anche se in forma molto più intima e privata dell’illustrazione. Per molto tempo ho vissuto quella tra parola e immagine come una dicotomia inconciliabile, avevo l’impressione di dover scegliere per forza una delle due strade da portare avanti. L’albo illustrato è quell’oggetto magico che c’è sempre stato e che ad un certo punto mi ha aperto gli occhi: una strada non escludeva l’altra, avrei potuto fare entrambe le cose.

Quali sono i tuoi scrittori di riferimento o stili narrativi?

Direi che ne ho molti, e più che scrittrice mi definirei lettrice. Mi piace spaziare molto e leggere cose molto diverse, ma sicuramente ci sono delle forme letterarie che hanno avuto un impatto significativo sul mio modo di lavorare e sul tipo di storie che voglio raccontare. Tutto ciò che è primitivo mi ha sempre attirato moltissimo, se devo individuare un’influenza più importante di altre credo stia in tutte quelle forme letterarie arcaiche o tradizionali: i miti, le leggende, le saghe e i poemi, le ballate, le canzoni popolari, le novelle.

Descrivi il luogo in cui sei solita lavorare e quali sono i tuoi strumenti.

Decisamente caotico e affollato. Quando lavoro mi piace essere circondata da oggetti che ritengo preziosi, sono come degli amuleti. Mi piace pensare al mio studio come a una wunderkammer, c’è veramente di tutto: libri, colori, una piccola collezione di carillon, vecchie scatole di latta trovate ai mercatini delle pulci, ciottoli di fiume, pezzi di legno dalle forme strane, cimeli di ogni tipo trovati nei boschi e persino qualche osso di animale

Qual è la tecnica che usi per le tue tavole?

Da un paio d’anni lavoro quasi esclusivamente con la tempera. Mi piace perché è una tecnica estremamente versatile, posso usare il colore più diluito, come se fosse acquerello, o più corposo a seconda delle esigenze dell’immagine. È anche una tecnica molto sensibile al supporto su cui si lavora, quindi a seconda dell’effetto visivo che cerco posso sperimentare con carte e fondi diversi

Ti senti soddisfatta del risultato o stai sperimentando nuovi linguaggi?

Non sono mai davvero soddisfatta dei miei lavori. Da un lato è una condanna, dall’altro invece è ciò che mi spinge a non fossilizzarmi in una zona di comfort e cercare sempre nuove strade. Ultimamente, oltre ad aver sviluppato ulteriormente la tecnica, mi sto avvicinando ai libri d’artista, che mi permettono di utilizzare un linguaggio più sperimentale.

Quali sono i tuoi desideri e progetti per il futuro?

La strada in questo settore è sempre in salita, non c’è un vero punto d’arrivo. La speranza è che le storie che voglio raccontare trovino un loro spazio per vivere e arrivino a chi sappia averne cura.

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