Mariagiulia Colace illustratrice e scrittrice di albi illustrati svela in questa intervista le radici della sua passione per la scrittura e l’illustrazione. Attraverso la sua infanzia, popolata da libri di mitologia e immagini, Mariagiulia Colace racconta il suo avvicinamento al mondo degli albi illustrati. Nel racconto del suo spazio creativo, un misto di studio, salotto e rifugio artistico, rivela dettagli affascinanti sulla sua tecnica artistica e la continua ricerca di significato in ogni progetto.
Mariagiulia Colace ha realizzato:
- Una volta per sbaglio (Illustratrice)
- Nica (Autrice e illustratrice)
A che età è nata la tua passione per la scrittura? Come ti sei avvicinata al mondo degli albi illustrati?
La scrittura è arrivata con lo studio e il lavoro nel teatro. Da bambini, io e mio fratello, avevamo libri illustrati per casa: quasi tutti a tema mitologia e animali (per me) e Richard Scarry (per mio fratello). Tra i miei preferiti ricordo un libro che in copertina aveva un paurosissimo Minotauro. Mi piaceva tantissimo questo fatto di essere mezzo uomo e mezzo animale.
Quali sono i tuoi scrittori di riferimento o stili narrativi?
Cortazar, Rulfo, Allende (il realismo magico in generale), Borges (ha scritto uno dei racconti più belli mai scritti su Asterione, il Minotauro si chiama così), Manganelli, Calvino, Michele Mari, i primi che mi vengono in mente. Non ho scrittori di riferimento, mi piacciono molto (e mi servono molto) i saggi che parlano di animali e piante.
Descrivi il luogo in cui sei solita lavorare.
Lavoro sempre nel mio studio/salotto/letto d’emergenza. C’è una finestra esposta a sud (che da sul mio terrazzino dove porto avanti una battaglia spietata contro la cocciniglia e dove abitano una pomelia, diverse piante di incenso, un gelsomino africano e vari ciclamini e aloe); tre tavoli (in disordine); un divano letto (apparecchiato con carta, blocchi vari e tavole su cui lavoro). La carta da parati è blu, ci sono appesi diversi post-it con gli appunti di un vecchio testo teatrale mai finito. Mi piace lasciarli lì, soprattutto il foglietto rosa che – resistendo alla forza di gravità – mi ricorda che “La Morte va bene!” Non ho idea, quando l’ho scritto, cosa intendessi dire.
Qual è la tecnica che usi per le tue tavole?
Matita e acquarello. China e acquarello. Digitale.
Ti senti soddisfatta del risultato o stai sperimentando nuovi linguaggi?
La soddisfazione non è di questo mondo (almeno non del mio). Ogni progetto è una ricerca di significato e tecnica.
Quali sono i tuoi desideri e progetti per il futuro?
Continuare a scrivere. Continuare a disegnare. Scrivere e disegnare possibilmente storie che possano fare bene e far porre domande a chi le legge, così come mi hanno fatto bene e mi hanno posto domande le storie che ho amato.
Ma anche solo mettere d’accordo testa e mano non sarebbe male. Il cervello scrive troppe storie, la mano si lamenta perché non fa in tempo a fare tutto.
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