Racchiuso in quell’angolo, tanti ne ho visti passare: lenti, di fretta, accorti, distratti, accompagnati, solitari, giovani, vecchi, grigi, colorati, altezzosi, timidi, sicuri, confusi.
C’è sempre qualcuno che cerca qualcosa: un libro o una stanza del grande palazzo, un artista o un’amica.
Una vaga e continua ricerca, con passi e passaggi, di volti e figure.
C’è anche chi ha perso se stesso e prova a trovarsi attraverso parole di altri.
C’è chi si è perso e basta. E chi più non si cerca.
Un cerchio, un giro attorno a se stesso, e nel mezzo gli anni passati, la vita vissuta, i ricordi che affiorano lenti e sbiaditi.
“Scusi,la Sala degli Stucchi?”
“É la sala in fondo a destra, signora. Credo che suo marito la stia cercando”.
E così: la gente anela certezze, meglio se sulle ovvietà.
É un bisogno di approdi sicuri, che prestano ascolto e danno risposte a domande di semplicità.
Oggi c’è un vecchio signore, vestito di un grigio cappotto; gli occhiali bassi sul naso, un largo sorriso che cerca uno specchio di volti reali.
Continua a girare. Si è perso, non può più tornare.
Io torno, invece, e rimango. Nel mio angolino sicuro.
Da qui vedo chi passa, chi torna, chi va e si è perso per sempre.
Ho occhi calati su un libro a colori. La storia mi piace.
“Scusi, la Sala Stucchi?” .
Ecco, riprende, non posso arrestarla, la storia continua, le vite che passano e pure la mia.
Immagine tratta dal lungometraggio animato “L’illusioniste” di Sylvain Chomet.
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