Quanto costano le fragole «Mi raccomando, prima di tornare a casa, passa dal fruttivendolo e chiedi quanto costano le fragole!» urlò mia nonna mentre correvo fuori di casa. Me lo chiedeva spesso da quando abitava a casa mia, ed io ogni giorno lo dimenticavo. In realtà non è che mi importasse più di tanto; non mi sono mai piaciute le fragole, e poi non le comprava mai. Che pensate strane che aveva mia nonna, ogni tanto. Doveva avere qualche rotella fuori posto, secondo me. Correndo correndo, arrivai nella piazzetta dove i miei amici già giocavano a pallone. «Amunì, Maradona! Mancavi solo tu!» disse uno di loro. «Ma zittuti, peri i papera!». Risate e cominciammo a giocare. Dopo che il sole calò, decisi che era il momento di tornare a casa. Sudato e affannato tuppuliài al portone «Nonna! No’! Apri!». Ed aprì. Mi aspettava in cima alle scale; mi fissava e pareva incazzata assai: «a st’ura si torna? Ah?». Io sbuffai e risposi «e che vuoi? Non lo dovevo fare almeno un goal?!». Abbozzò un mezzo sorriso e quando la raggiunsi mi diede uno scappellotto sulla nuca «amunì, disgraziato! Lavati le mani che da mangiare è pronto». Ci sedemmo a tavola e, come capitava ogni giovedì, eravamo soli io e lei. Papà e mamma rincasavano tardi. Andavano da un consulente matrimoniale, chissà che cavolo era. «Hai chiesto quanto costano le fragole?»
«’Nca certo, nonna!» masticai un pezzo di pane, «mizzica, ho fatto un goal troppo bello, mi hanno fatto l’applauso»
«Bravo, a nonna. E quanto costano le fragole?»
«Mhm… due euro la vaschetta» fu la prima minchiata che mi venne in mente
«Ma a chi hai chiesto, a Franco oppure a Pinuzzo?»
«Sempre allo stesso, nonna. Non me lo ricordo come si chiama!»
«Certo, è strano però. Ieri costavano tre euro, ieri l’altro quattro euro, oggi due euro. Ma siamo sicuri che ci sei passato dal fruttivendolo?»
«Miiii che camurrìa. Se non mi credi vacci tu!»
«E calmati che sei piccolo e avrai tanto tempo per arrabbiarti», stava già sparecchiando. La storia si ripeté a cadenza quasi giornaliera, o comunque, capitava quando andavo a trovare i miei amici. Un bel giorno, sempre di giovedì, stavamo cenando io e mia nonna da soli.
«Allora, oggi quanto costavano le fragole?» chiese sempre con lo stesso tono.
«Cinque euro la vaschetta!» esclamai tutto d’un fiato.
«Vieni qua che nonna ti deve parlare». Assunse un tono serio che non le conoscevo.
«Voglio spiegarti una cosa: tu lo sai cosa è la verità?»
«Certo che lo so! La verità è quando dici le cose come sono, senza fesserie»
«Giusto. La verità, amore di nonna, è una cosa importantissima, sacrosanta. Però, Marcuzzo mio, non tutti sono capaci di accettarla»
«In che senso, nonna? Mi sto confondendo un pochino»
«Quando tu vuoi bene ad una persona e questa persona vuole bene a te, potrebbe capitare che ci scappi qualche bugia a fin di bene»
«Nonna, non ci sto capendo niente!»
«Ti ricordi quando eri piccolino e il tuo cane Dodo morì? Ti dicemmo che era tornato il suo vecchio padrone a riprenderselo. Ricordi?»
«Certo che ricordo! Ma va be’, ero ancora piccolo per capire»
«Bravo, gioia mia. Tu non lo sai, ma spesso i grandi sono proprio come i piccoli: non capiscono. Quindi ogni tanto qualche bugia piccola piccola a fin di bene ci sta. Ma fai attenzione, c’è tanta differenza tra la bugia piccola piccola detta a fin di bene e la menzogna. La menzogna è una cosa brutta, cattiva. La menzogna è una bugia grande grande che fa male agli altri, e poi diventa pure una brutta abitudine».
Fece una pausa, bevve un bicchiere d’acqua e continuò «e stai attento, le bugie hanno le gambe corte, lo sanno tutti. E poi, come diceva il nonno “u munsignaru avi aviri u cirivieddu finu”!»
«Quando parli così non ti capisco!» e sbottai a ridere.
«Vuol dire, ciatu mio, che per dire le bugie, anche quelle piccole piccole, devi essere sveglio e ti devi ricordare tutto quello che dici, altrimenti fai male a te e agli altri. E tu sei scimunito proprio come tuo padre perché non è periodo di fragole!»
La abbracciai «No’, ti voglio bene. E non è una bugia».
Tornarono i miei genitori. Erano seccati e silenziosi. Mamma andò dritta in camera e papà senza guardarmi mi fece «Marcù, mamma e papà ti devono parlare». Mi girai di scatto verso la nonna. Chissà perché ma mi aspettavo qualche grossa minchiata.
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